Appunti e considerazioni sul multipolarismo


La recente lettura dell’articolo “Multipolarismo: eredità viva del comunismo” apparso sull’organo di stampa del “Partito Comunista – La Riscossa“, anche se non pensiamo che questa area politica possa essere definita rivoluzionaria, ci ha spronato a sviluppare alcune riflessioni critiche intorno ad un tema che sembra diventare sempre più centrale in alcuni ambienti della sinistra, quello del multipolarismo.

Vogliamo inoltre premettere che non tifiamo per la sconfitta di un imperialismo piuttosto che di un altro, per noi il primo nemico è sempre in casa nostra e così vale per i prolet dislocati in ogni angolo del mondo. I comunisti non auspicano la caduta di un imperialismo anziché di un altro, ma lavorano alla costruzione delle condizioni affinché l’alternativa a tutti gli imperialismi diventi reale. In questa sede vogliamo solamente porre il centro dell’attenzione sull’unico strumento che il prolet ha a disposizione, l’organizzazione per la lotta di classe. Molte aree di pretesi compagni hanno invece abbandonato questa visione per approdare ai lidi delle tematiche geopolitiche, come appunto il multipolarismo, che che non può in alcun modo essere inteso come la chiave di volta dei rivoluzionari.

Le citazioni tra virgolette sono tratte dal suddetto articolo.

Definizione di multipolarismo

Sistema di politica ed economia internazionale che si basa sull’esistenza di più blocchi o gruppi di potenza.

Sviluppo della tematica del multipolarismo

È necessario sottolineare che l’ambito in cui si muove la riflessione sul multipolarismo è quello del capitalismo nella sua attuale fase imperialista ed è in questo impianto che si sviluppa la “tattica” che lo vorrebbe come “eredità viva del comunismo”. Tattica per la quale la priorità è sempre e solo di contrastare l’imperialismo più forte, nella fattispecie quello americano, per “riequilibrare” i rapporti di forza tra le potenze che si spartiscono il globo. La pratica della lotta antimperialista a tutto campo però, in questa visione scompare. Il concetto di imperialismo viene infatti sovrapposto esclusivamente a quello della politica di dominio mondiale da parte degli USA e, visto che dopo il collasso dell’URSS non è esistita alcuna potenza in grado di contrapporsi ad essi, per gli orfani dello Stato Guida sovietico si è posto il problema di cercare nuove forme di “opposizione” agli USA, anche a costo di “appoggiarsi” ai nuovi imperialismi emergenti, in primis quello cinese ed in secundis quello russo.

Il multipolarismo ha così riscosso un discreto interesse da destra e da sinistra. Chi vi aderisce si concentra sui movimenti geopolitici alla ricerca disperata e forzosa dei nessi tra questi e il possibile contrasto alla politica imperialista occidentale. Questo approccio che 1) non è in grado di vedere come tutte le potenze globali siano imperialiste e non solo gli USA; 2) è geopolitico e non marxista; 3) perde completamente di vista i proletari e la loro lotta di classe; se dovesse diffondersi diventerebbe l’ennesimo veleno ideologico volto a deviare il proletariato dal nodo centrale della lotta di classe per il superamento del capitalismo.

L’avvento dei BRICS

Il cartello Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, è un partenariato economico-politico-militare. Dal punto di vista economico potrebbe rappresentare la prospettiva di un blocco in opposizione al dollaro, mentre dal punto di vista politico-militare una prima contrapposizione alla NATO, ma troppe e notevoli sono le contraddizioni che attraversano questa compagine per potergli già assegnare un ruolo definito. Dal 2024 i BRICS si allargheranno di sei nuovi membri (Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi, Arabia Saudita), un aumento della loro potenza in teoria, un incremento delle loro contraddizioni in pratica.

I nuovi, e alcuni dei vecchi membri, hanno importanti legami di interdipendenza economica e militare con USA e UE, Sud Africa e India sono anche membri Commonwealth. La compatta adesione di questo eterogeneo insieme di paesi ad un fronte imperialista alternativo agli USA è così tutt’altro che scontata.

Si è parlato dell’istituzione di una moneta ad hoc che contrasti il dominio del dollaro, ma il progetto si è subito mostrato irrealizzabile. I disallineamenti di quest’area su molteplici questioni, dal clima all’organizzazione sociale, dall’organizzazione militare al riconoscimento delle libertà individuali, all’esistenza di interessi geopolitici e militari contrastanti (pensiamo p.es. a Cina e India), sono tali che questa eterogenea compagine, ad oggi, non può andare oltre la stesura di alcuni accordi circoscritti. Di comune resta esclusivamente il difficile tentativo di individuare e perseguire alcuni interessi condivisi in ambito economico-finanziario nel tentativo di contrastare l’avanzare della crisi globale, tematica che, in ogni caso, rimane sempre e immancabilmente interna al campo dell’imperialismo.

Come inquadrare i BRICS?

Possiamo vedere questa alleanza come un primo passaggio nel processo di ristrutturazione dell’imperialismo mondiale, i cui esiti sono però tutt’altro che scontati. Si può anche passare a fare il tifo per i BRICS e alleati perché supposti alternativi agli Stati Uniti o per un’empatia indotta dal disgusto verso l’arroganza dell’imperialismo più forte per cui si vuole tifare il player più debole ed emergente. Ognuno è libero, ma spacciare questo approccio con qualcosa che abbia a che fare con l’anticapitalismo e la lotta all’imperialismo è operazione tutt’altro che legittima, pertanto degna di qualche ulteriore critica.

Il multipolarismo, l’idea di un mondo composto da più blocchi in pacifica competizione tra loro è la negazione della realtà. Oggi viviamo in un pianeta dilaniato da una profonda crisi economica e caratterizzato dalla corsa verso la Terza Guerra Mondiale che si esprime nel crescere dei fronti bellici con rilevanza internazionale (Ucraina, Palestina…) e dal contraddittorio e mutevole tentativo di definire nuovi, ma sempre instabili, fronti imperialisti. Si illude di molto chi crede che la dinamica in atto sia quella della ricerca di un nuovo equilibrio mondiale che aprirebbe “le porte al socialismo” o simili (sic!). Viviamo piuttosto la rincorsa sempre più feroce ad accaparrarsi le materie prime da un lato e i mercati di sbocco delle merci dall’altro, il tentativo di conquistare il posto di leader mondiale che la profonda crisi che sta investendo gli USA potrebbe lasciare vacante. Se gli Stati Uniti cercano di esportare ed imporre i loro interessi manu militari, la Cina – l’altro imperialismo polare finora emerso –  opera con la persuasione e la corruzione economiche nel tentativo di stringere più rapporti possibili per esportare e, in un’ottica a lungo termine, far prevalere le proprie merci e la propria supremazia sul mondo. Gli altri si allineano ora agli uni ora all’altra a seconda del proprio tornaconto più prossimo, nel tentativo di ritagliarsi un ruolo indipendente, che favorisca la propria egemonia nell’area di riferimento.

Dalla realtà alla fiction fantapolitica

Per i sostenitori del multipolarismo il BRICS rappresenta un tentativo di fermare la guerra e la probabile catastrofe nucleare “voluta” da USA e NATO (come se la guerra non fosse il momento estremo della crisi del capitalismo imperialista nel suo complesso), ergo “appoggiare lo sviluppo del multipolarismo consentirebbe alla rivoluzione socialista di rimanere viva”. Booom. Per questi geopolitici anti-yankee la classe lavoratrice semplicemente non esiste e il testimone della lotta per il socialismo è passato alle potenze statali (capitaliste) che si contrappongono agli USA. Peccato che a minacciare l’olocausto nucleare è oggi spesso la stessa Russia che dovrebbe lottare contro di esso. Come poi una visione multipolare in cui tutti gli attori sono ben saldi nel capitalismo (ossia nello sfruttamento della classe lavoratrice) possa portare alla rivoluzione è e rimane un mistero. Ammetiamo pure che si elimini il dominio degli Stati Uniti con o senza passare da una guerra generalizzata, resterebbe la supremazia degli altri players, Cina in pole seguita da Russia e India, potenze a loro volta assolutamente capitaliste e imperialiste.

Il problema è l’imperialismo occidentale?

La conclusione, solo apparentemente corretta, sarebbe che noi occidentali dobbiamo combattere contro il “nostro” imperialismo, contro l’imperialismo occidentale, ma questo non perché ogni sfruttato deve lottare innanzitutto contro il “proprio” padrone, bensì perché l’imperialismo occidentale sarebbe il primo nemico del multipolarismo.

Da questa visione deriverebbe che solo sostenendo un mondo multipolare si possa “saldare il debito verso la Rivoluzione del 1917”. Questo appoggio darebbe “una spinta propulsiva all’avanguardia rivoluzionaria europea e globale” (come e perché ovviamente non è chiaro). Il gioco delle tre carte è servito. Corretto schierarsi contro l’imperialismo occidentale perché il primo nemico è sempre in casa nostra, ma se questo significa appoggiare gli imperialismi altrui, allora si è semplicemente nel campo dei nemici di classe che, di fatto, si appoggiano negli altri stati “non occidentali”. Ci ripromettiamo di tornare ad argomentare in maniera più specifica, in un secondo momento, il come e perché potenze come Cina, Russia, India, ma anche Iran etc. non possono che essere definite imperialiste.

Sull’autodeterminazione dei popoli

L’ultimo appiglio che rimane a questi “teorici” per rivendicare la loro (illegittima) appartenenza al campo comunista è quella di richiamarsi a Lenin (principio di autorità, secondo Aristotele). “Il multipolarismo non può che basarsi sull’autodeterminazione dei popoli”: in quale misura si possa parlare di autodeterminazione visti gli intrinsechi rapporti di interessi economico-politici e militari che legano oggi i differenti paesi nello scacchiere mondiale non è dato di sapere. Allora niente di meglio che qualche citazione di Lenin sul tema, acritica e decontestualizzata.

Dal canto nostro possiamo far notare che è vero che Lenin appoggiò tatticamente le lotte di liberazione nazionale – e non senza contrasti con autorevoli elementi marxisti come la Luxemburg -, ma solo nella misura in cui 1) il capitalismo in quei paesi arretrati non si era del tutto sviluppato come lo è oggi; 2) nella possibilità di far gravitare quelle esperienze nella sfera d’influenza della Rivoluzione russa. Entrambe le condizioni sono superate da oltre un secolo.

Vediamo allora cosa significa autodeterminazione oggi, e non ai tempi di Lenin, per esempio nella nuova stagione dei golpe nell’Africa sub-sahariana. Certo che l’imperialismo dell’Europa, in particolar modo quello francese, ha subito dei duri colpi negli ultimi cinque anni, peccato che l’attore principale dietro a questi colpi di stato è per lo più la Russia per tramite del suo braccio armato, i mercenari della Wagner. Russia che, attualmente in stallo nella guerra all’Europa/NATO, allarga la sua influenza in Africa e da qui conquista posizioni e agita lo spauracchio dell’arma dell’emigrazione di masse di disperati in cerca di una vita migliore verso il Vecchio Continente. Per non parlare poi della Cina che in Africa orientale ha una presenza importante nell’esportazione di capitali e nella costruzione di infrastrutture in cambio di sfruttamento di materie prime e popolazione locale… certo, se lo fa l’Europa è imperialismo, se lo fa un altro attore “che magari ci sta più simpatico”non occidentale” è filantropia. Da quando il mondo è stato definitivamente spartito dalle grandi potenze in sfere di influenza ogni lotta di liberazione non è che un tassello nel conflitto tra queste.

Ma prendiamo i singoli stati BRICS. Non vi troviamo traccia di imperialismo dal volto umano, equo, rispettoso delle tradizioni e delle culture e della coesistenza pacifica tra stati, al contrario! in ognuno di essi tutte le categorie del capitalismo (merci, salari/sfruttamento, mercato, capitale, profitto) rimangono tali e quali. Per i sostenitori del multipolarismo sembra che ciò che più conti è che tutti possano avere il diritto all’esercizio dello sfruttamento della propria classe operaia, all’interno di legami di interdipendenza che possono anche cambiare a seconda delle proprie esigenze. Auspicare che il capitalismo possa svilupparsi in maniera equa in tutto il mondo, sperando che da questo sviluppo sorgano le contraddizioni necessarie affinché l’antitesi rappresentata dal socialismo possa materializzarsi, è un ragionamento piuttosto ingenuo, se vogliamo meccanicista, sicuramente sbagliato e per tutte le ragioni che abbiamo sopra esposte.  

In conclusione

Con la pretesa dell’analisi concreta della situazione concreta si scade concretamente nell’opportunismo, come a giustificarsi che “il mondo è questo che piaccia o meno, bisogna adattarsi”. Parole d’ordine e analisi che facciano perno attorno ai concetti di rivoluzione e lotta di classe spariscono dal vocabolario di questi grandi analisti che arrivano a spacciare per marxismo qualsiasi cosa passi loro per la mente. Il punto di vista di classe viene così distorto, svuotato e riadattato all’occorrenza, se non fatto sparire del tutto.

Quando si parla di “multipolarismo” si parla di una categoria generale che ognuno può interpretare come meglio crede. In realtà, questa categoria oggi molto più materialmente viene incarnata e concretizzata dai cosiddetti BRICS e dal tipo di rapporto che via via si va instaurando tra loro e in relazione alle dinamiche generali di crisi del e del modificarsi delle relazioni fra paesi a livello globale. In sintesi: i BRICS esprimono sì quella spinta ad una nuova divisione internazionale del lavoro e dei mercati (che come sempre non potrà che essere il prodotto di un riassetto violento delle relazioni, capitalismo = guerra), ma che in contingenza si situa come sviluppo di un piano di relazioni interdipendenti sul piano capitalistico e su una serie di rapporti a geometria variabile per ricercare nuovi sbocchi di mercato e nuove opportunità di sviluppo di fronte al venir meno dei processi di globalizzazione per come li abbiamo conosciuti finora. In questo senso il ruolo di capo-fila della Cina è centrale.

Non siamo né di fronte alla costruzione di un nuovo blocco, né di una alleanza (se si esclude il rapporto Cina-Russia-Iran anche se con le loro rispettive contraddizioni), che nel suo divenire fa i conti con i tempi della crisi di valorizzazione capitalistica e le risposte da dare sul piano degli equilibri generali nello sviluppo della tendenza alla guerra. Quindi i BRICS rappresentano, parlando del multipolarismo intendimenti e scopi puramente di natura capitalistica.

Per quanto ci riguarda, come internazionalisti, la centralità rimane della lotta di classe, tanto in casa propria quanto in ambito internazionale. Dobbiamo sforzarci strategicamente di riconoscere il vero nemico di classe e, tatticamente, di sviluppare la lotta in forma concreta. Occorre unire le diverse lotte, tessere rapporti proficui, ma a partire sempre dal mettere al centro gli interessi del proletariato, in ogni angolo del mondo, che sono i medesimi e che non sono mai coincidenti con quelli della propria borghesia..

In virtù di ciò dobbiamo opporci con risoluta fermezza e denunciare il nazionalismo in ogni forma e ogni forma di alleanza interclassista che subordini gli interessi generali dei proletari a quelli dei suoi nemici di classe, come a Gaza dove la bandiera nazionale Palestinese e Israeliana mascherano il fatto che i rispettivi prolet hanno solo da perdere nella guerra dichiarata dai rispettivi padroni.

Alimentare in ogni dove la lotta contro la guerra imperialista, contro l’economia di guerra che ne deriva, difendere gli interessi del proletariato internazionale, in ogni paese, in ogni formazione economico-sociale, favorire la guerra di classe, favorendo l’organizzazione indipendente del proletariato su scala internazionale: perché il capitalismo non possa più nuocere è necessario che venga debellato in ogni angolo del pianeta e solo i prolet assieme alla sua organizzazione rivoluzionaria possono adempiere a questo compito storico, senza delegazioni o rappresentanti che agiscano in loro vece.

, ,

Una replica a “Appunti e considerazioni sul multipolarismo”

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.