Sul movimento francese contro la riforma delle pensioni


Che riflessioni traete dal movimento che sta avvenendo in Francia?

  1. Come aspetto principale cogliamo il fatto che gli eventi francesi segnano anche nel nostro continente un episodio ed un passaggio di notevole importanza nello scontro fra la nostra classe e la borghesia imperialista a livello internazionale. Per capirci: la crisi in questi anni ha spinto in avanti, nei diversi continenti e con diverse forme e caratteri, la reazione della nostra classe alle misure imposte dalle diverse sezioni della borghesia internazionale. Pensiamo agli USA dove con l’esplodere del piano “razziale” (vicenda Floyd) in realtà sono emersi con forza i profondi contrasti di classe della prima superpotenza, alle vicende del Kazakistan, a quelle dei paesi della fascia andina, allo Sri Lanka, all’Iran, etc. per limitarci alle vicende più conosciute. Le vicende francesi, ma anche in diverso modo quelle inglesi e tedesche, ci indicano come il processo della ripresa della lotta di classe si vada animando. Nello stesso momento questo dato obiettivo ci pone, come rivoluzionari, dei problemi di lettura, di collocazione degli eventi e di intervento pratico in linea con gli interessi generali del proletariato internazionale, contro quelli della borghesia imperialista. Questo è il primo nodo.

Sotto la spinta della crisi prima e della guerra poi la lotta di classe va rianimandosi in diverse parti del mondo.

  1. Nello specifico gli eventi francesi si collocano in una congiuntura del tutto particolare. Anche negli anni passati di fronte all’iniziativa della borghesia imperialista francese pressata dalla crisi vi sono stati grossi movimenti di lotta e resistenza contro i provvedimenti messi in campo dai differenti governi e presidenti che si sono succeduti. Queste politiche e misure della borghesia francese anche in passato hanno scosso la “pace sociale” del capitale. Pensiamo alla rivolta dei settori prolet precari e disoccupati vessati nelle banlieu e al movimento dei JJ, ma anche alle forme di lotta più simili all’attuale contro le precedenti riforme delle pensioni e del lavoro. Oggi questo movimento, pur ponendosi in continuità obiettiva con i precedenti sul terreno di resistenza, si confronta con una congiuntura diversa, segnata oltre che dagli sviluppi della crisi, anche dai venti di guerra e dall’economia di guerra in cui l’imperialismo francese è ben partecipe ed inserito. La questione delle “pensioni”, e lo stesso scontro con il movimento di resistenza, al di là della sua immediatezza assume un significato eminentemente politico per una borghesia che vuole rilanciare in avanti i propri progetti di ristrutturazione complessiva; che vuole imporre nuovi e più profondi livelli di sfruttamento; e che vuole riarticolare il proprio tallone di ferro sulle relazioni sociali. Le fibrillazioni negli assetti politici ed istituzionali attuali esprimono tutte le tensioni di questo passaggio, ma ciò che più conta è un unico fatto: la borghesia non può arretrare e gioca una partita con tutte le armi in suo possesso! Questo fatto sintetizza sul terreno concreto il rapporto reale fra chi attacca e chi resiste, nonché la reale posta in palio. Questo è il secondo nodo politico a nostro avviso da mettere in rilievo nella situazione.

La crisi e la guerra costringono la borghesia all’attacco. Essa non può concedersi rese o indietreggiamenti.

  1. Il movimento di lotta francese si confronta ed è parte di questa condizione. In linea generale concordiamo sul fatto che tenuta e generalizzazione del movimento costituiscono una condizione essenziale alla prosecuzione della lotta, per respingere l’attacco borghese. Allo stesso tempo dobbiamo però prendere atto di come i  processi di ristrutturazione produttiva e sociale abbiano prodotto livelli di scomposizione che hanno toccato in profondità anche il prolet francese nella sua condizione economico-sociale. Questo rappresenta un grosso limite con cui confrontarsi proprio rispetto al processo di coinvolgimento di più settori di classe in maniera attiva. Gli stessi settori oggi in lotta sono per lo più espressione del lavoro garantito statale e semi-statale che è necessario riportare alle ferree leggi del capitale in epoca di crisi profonda e guerra. Un ulteriore limite è dato dal fatto che il fronte della lotta è in larga parte tenuto per le briglie dalla gestione e dalle manovre anestetizzanti dei sindacati. La vastità della mobilitazione e la radicalizzazione obiettiva di settori di classe di fronte all’attacco portato sono, per noi, una condizione necessaria ma in sé non sufficiente per affrontare i limiti presenti, oggettivi e soggettivi, del movimento stesso. Quella da affrontare è, sempre dal nostro punto di vista, una battaglia di carattere squisitamente politico. Questo dato pone il nodo politico dei limiti del movimento stesso e del terreno obiettivo di sviluppo qualitativo dei settori più avanzati dello stesso, nei contenuti e nelle forme.

La ricomposizione dei differenti strati in cui sono frammentati i prolet francesi è un nodo che può essere affrontato solo politicamente e a partire dai settori più avanzati in lotta.

  1. Non stiamo qui ad indicare soluzioni artificiose a problemi che in larga parte possono essere affrontati, e possibilmente risolti, nel corso reale della lotta. Ciò che sicuramente la situazione francese ci pone dinnanzi è la necessità obiettiva di liberare gli interessi operai e di classe dalla tutela sindacale, anche lì dove assume forme radicali. La gestione sindacale ha racchiuso la spinta iniziale del movimento nella sua fase di crescita e oggi ne vuol gestire ed implementare la sua traiettoria di normalizzazione. Ma il superamento di questo ostacolo per noi significa indirizzare la conflittualità verso la nascita di assemblee generali di lavoratori, comitati di base, organismi dal basso, o come li si voglia chiamare. Per quanto ristretta possa essere, almeno da principio, la loro espansione immediata, l’eventuale nascita di questi organismi della classe porrebbe immediatamente un ulteriore problema di contenuti, di ruolo e di collocazione obiettiva di questi organismi nella battaglia più generale in corso. Questo passaggio non sarà il prodotto esclusivo della sola spontaneità di classe, ma anche le avanguardie devono assumerlo su di sé: riconoscendolo, promuovendolo e, ove possibile, facendosene artefici. I comunisti hanno il compito, nella pratica, di far sì che questi organismi assumano su di loro l’ordine generale dello scontro in atto e di sciogliere le contraddizioni che questo scontro produce. Poiché è su questo terreno, fuori dal massimalismo e dal radicalismo, che si da la possibilità della ricomposizione dei diversi settori e strati prolet. Si tratta di operare come sintesi e coagulo dei settori più avanzati nella lotta sulla base delle indicazioni più avanzate e di prospettiva intorno alle quali è possibile aprire gli spazi per saldare gli interessi generali del proletariato alla sua prospettiva strategica.

No ai tatticismi sindacali: per la creazione di organismi di lotta dal basso indipendenti dall’appartenenza politica o sindacale. Devono essere i/le lavorat* a decidere come, dove e quando la lotta si deve sviluppare.

  1. Non esiste una formula magica per saldare le istanze immediate e generali della lotta agli obiettivi strategici rivoluzionari. Tuttavia possiamo affermare che alcuni passaggi sono inevitabili e necessari: a) indicare la necessità di organismi autonomi di classe dal basso – in opposizione all’opportunismo sindacale e dell’intersindacale; b) indicare la necessità che i settori in lotta si facciano carico anche delle istanze degli altri settori e strati di classe per estendere e compattare il fronte di lotta – in opposizione al radical riformismo che vede la ricomposizione di classe solo come un lungo elenco di sterili e fantasiose parole d’ordine “immediate” da giustapporre le une alle altre; c) collegare costantemente ogni passaggio della lotta alla necessità dell’anticapitalismo rivoluzionario e della rottura dell’ordine costituito come unica garanzia reale per affermare gli interessi di classe in gioco – in opposizione al democraticismo che vorrebbe possibile la conciliazione dei diversi interessi di classe in questa società.

Ci sono dei passaggi irrinunciabili: la costruzione di organismi autonomi di classe; la necessità di estendere il movimento facendosi carico delle istanze dei diversi strati prolet; il costante collegamento all’anticapitalismo rivoluzionario.

  1. Pensiamo che per i rivoluzionari si pongano problemi complessi e che ogni nuovo moto di classe renda il nostro lavoro ancora più complesso. Sono i movimenti reali a porre concretamente il problema di quale siano i terreni e i contenuti più idonei a far avanzare le espressioni dell’autonomia di classe. È su questa base che si pongono i problemi della battaglia politica in opposizione alla “destra” operaia e sindacale (o, meglio, alla sinistra borghese in seno alla classe) che ha il solo scopo di disinnescare il potenziale sovversivo di cui ogni conflitto prolet è potenzialmente portatore. È su questa base che si dispongono i problemi inerenti alla costruzione di un indirizzo strategico anticapitalista e di una organizzazione ad esso corrispondente tanto per quanto riguarda gli strumenti organizzativi di cui necessita la classe per procedere nella lotta, quanto per lo sviluppo dell’ iniziativa politica dell’organizzazione rivoluzionaria stessa. Il tutto mentre si fanno necessariamente i conti principalmente con le mosse dell’avversario che detta le condizioni dello scontro.

È sul piano dei concreti movimenti di classe che, in opposizione all’opportunismo, si pone il problema di costruire gli strumenti organizzativi necessari tanto alla classe impegnata nella lotta quanto alle avanguardie che vogliono rendere viva la prospettiva rivoluzionaria al suo interno.

  1. Ci limitiamo a queste poche note poiché siamo sicuri che la valutazione dell’esperienza pratica sul campo ci aiuterà ad affinarne il bilancio. In particolar modo speriamo che nel dibattito fra le avanguardie italiane gli eventi francesi presi nei loro aspetti positivi, nei loro limiti, nelle possibili prospettive e nel ricollegamento del tutto all’analisi della situazione concreta e dei suoi caratteri, permetta un salto di qualità nel dibattito politico e negli indirizzi di iniziativa pratica. Si tratta infatti di andare oltre la parola d’ordine del “Facciamo come la Francia” che sostanzialmente, in un gioco di specchi, mostra tutta la debolezza della situazione italiana senza risolvere nessuno degli stessi problemi che le vicende francesi richiamano da un punto di vista rivoluzionario.
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2 risposte a “Sul movimento francese contro la riforma delle pensioni”

  1. […] Abbiamo già visto, sia ai tempi dei G-J che, anche se in misura minore, nel periodo di mobilitazion… siamo dentro una nuova fase. L’autoritarismo è il compendio di questa situazione come prospettiva di governo complessiva, funzionale agli interessi borghesi e al controllo delle contraddizioni sociali. I momenti di acuto  scontro sociale ne fanno emergere la reale sostanza . Un processo che coinvolge tutti i paesi imperialisti, avvalendosi anche dell’esperienza altrui.  […]

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