CONTRO L’ECONOMIA DI GUERRA, CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA. PER L’ALTERNATIVA PROLETARIA E RIVOLUZIONARIA AL CAPITALISMO


Documento per lo sciopero generale di parte del sindacalismo di base del 20 ottobre 2023

COMPAGNI,

i tempi della crisi capitalistica segnano sempre più i passaggi di maturazione della guerra imperialista. Crisi e guerra definiscono la condizione con cui si confrontano oggi miliardi di proletari.

A quasi due anni dallo scoppio della guerra imperialista in Ucraina, oggi si aggiunge la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese. In realtà dietro ai rispettivi obiettivi nazionalisti la guerra condensa dentro di sé tutti i fattori della crisi internazionale e i ruoli che i diversi paesi imperialisti giocano in essa. 

In ogni paese si assiste ormai al dispiegamento di misure a sostegno dei processi di guerra. Questo è lo sbocco che sempre più concretamente va delineandosi ai problemi economici che assillano il capitalismo. La borghesia, come classe oggi dominante, è ben consapevole di tutto quanto in questa direzione va maturando.

Crisi e guerra devono essere sempre più pagate dal proletariato. Scompaiono così i (magri) “dividendi della pace” e rimangono solo i profitti di guerra che vengono tratti dal lavoro supersfruttato della nostra classe. Peggiorano le condizioni di lavoro e vita, si smantellano definitivamente i vecchi assetti dello “stato sociale”, si legalizza il lavoro nero e precario e tutte le forme di sottosalario. Ma non solo. Tanto più la logica di guerra diventa pervasiva e si sviluppa dentro i rapporti sociali, tanto più all’interno di ogni paese si fa stringente la necessità di costruire una condizione di irregimentazione e pacificazione sociale forzosa, tanto più trovano spazio le politiche di “emergenza” e la costruzione di uno stato sempre più autoritario.

COMPAGNI,

SI TRATTA DI COMPRENDERE CHE OGGI LA FASE È CAMBIATA

L’offensiva padronale e borghese si farà sempre più feroce. Il movimento operaio e proletario, anche nelle sue fasce più combattive, ci arriva in una posizione di debolezza. Debolezza data dai rapporti di forza generali, ma soprattutto debolezza sul piano politico. La necessità della difesa delle condizioni operaie e prolet legittima la giusta resistenza di classe di fronte al nemico ma nello stesso tempo ne indica il limite lì dove si costituisce in orizzonte di prospettiva. Chiusa esclusivamente nei limiti delle questioni del salario e dei diritti, oggi detta la linea la logica economicista. Questa si riproduce come obiettiva prospettiva della condizione di debolezza della classe e, al di là del verbalismo parolaio, ne incatena le possibilità di sviluppo.

È espressione di questa logica la costruzione di scadenze “generali” intorno ad una serie di punti rivendicativi altrettanto generali. Quest’approccio non risolve e nemmeno tocca il problema della costruzione di un progetto strategico di alternativa entro cui collocare la condizione odierna del movimento operaio e proletario. La soluzione – o anche solo l’affrontamento – di questi problemi cogenti viene infatti sempre rimandata ad una idealistica e fantasmagorica attesa della  “ripresa della lotta di classe” che finalmente verrà a risolvere i nostri problemi politici. Cazzate.

La necessità di misurarsi continuamente con i problemi che dalla condizione e dalla lotta proletaria e operaia provengono, nel suo continuo confrontarsi con il nemico di classe, pone la altrettanto continua necessità di costruire gli strumenti di tale lotta: se si agisce nell’ambito rivendicativo e sindacale non si fa altro che riprodurre quel tipo di logica, organizzazione e prospettiva, tutta interna alle compatibilità del sistema. Per noi la questione si pone molto diversamente: a partire dall’evoluzione materiale dei problemi e delle lotte bisogna costruire una visione strategica e strumenti politici che vadano chiaramente nella direzione dell’alternativa anticapitalista. La fase che si è aperta pone con sempre maggiore forza questo tipo di questione. Il problema oggi, qui, ora e in ogni lotta che si reputi avanzata, è di farsi carico di una dimensione internazionalista intesa non semplicemente come proclama ma come espressione di una progettualità politica che ponga al centro gli interessi e la condizione del proletariato internazionale, fuori e contro gli interessi di bottega e di sigla, fuori e contro ogni forma di nazionalismo diversamente vestito, per l’affermazione della necessità dell’alternativa anticapitalista e di una azione politica coerente con essa, a partire dai concreti problemi materiali con i quali la nostra classe si misura.

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