CONTRO LE GUERRE IN MEDIO ORIENTE — PER LA LOTTA DI CLASSE CONTRO TUTTI I CAPITALISTI


Dall’Iran


Continuiamo la pubblicazione di prese di posizione significative da parte della sinistra comunista iraniana. I seguenti due documenti, di area consiliarista, insistono su alcuni punti fondamentali: 1) sono i lavoratori che sopportano tutto il peso del dominio capitalista: sfruttamento, oppressione, repressione e guerra. 2) il regime islamico e gli imperialismi occidentali sono entrambi prodotti del capitalismo. 3) le guerre di queste fazioni sono in primis guerre contro il proletariato. 4) per reagire a questa situazione la classe lavoratrice deve riallacciarsi alla sua tradizione di lotta attraverso i consigli (shura).

https://internationalistcommunists.org/2025/06/20/against-wars-in-the-middle-east-for-class-struggle-against-all-capitalists/

CONTRO LE GUERRE IN MEDIO ORIENTE — PER LA LOTTA DI CLASSE CONTRO TUTTI I CAPITALISTI
Pubblicato il 20 giugno 2025 dalla Lega dei Comunisti Internazionalisti
[Nota dell’editore: pubblichiamo qui una traduzione leggermente modificata di due comunicati di un gruppo comunista consiliare in Iran, che si definisce semplicemente “Lavoratori Anticapitalisti”. I testi sono una risposta al più recente ciclo di scontri militari tra Iran e Israele.
Contro le illusioni diffuse da entrambe le parti in guerra — e dai loro rispettivi sostenitori capitalisti — il testo riafferma la necessità di un’organizzazione indipendente della classe e della lotta. Insiste sul fatto che solo la classe lavoratrice, lottando sul proprio terreno e nel proprio interesse, può porre fine alla barbarie della guerra capitalista.]

Solo una rivolta operaia anticapitalista può schiacciare entrambi questi polipi capitalisti guerrafondai e assassini
1.

Noi lavoratori siamo impiegati in ogni settore: fabbriche, scuole, ospedali, servizi municipali, agricoltura, industria, trasporti via terra, mare e aria, energia e servizi pubblici, edilizia, foreste e altro. Che siamo disoccupati, pensionati o impegnati in lavoro domestico non retribuito, apparteniamo tutti alla stessa classe operaia — uniti dalla nostra condizione sociale e dallo sfruttamento. Sopportiamo tutto il peso del dominio capitalistico: schiavitù salariale, repressione, privazione, genocidio, incarcerazione, tortura, violenza di genere, oppressione etnica, distruzione ambientale e ogni calamità prodotta da questo sistema.
2.

Fino a poco tempo fa, erano solo la classe capitalista e il regime islamico in Iran a imporre direttamente questa violenza su di noi. Ora, con la guerra in corso, affrontiamo due mostri capitalisti: da un lato la borghesia iraniana e il suo regime, dall’altro i governi di Israele, Stati Uniti e Unione Europea. Nonostante il conflitto, entrambi i fronti esercitano la stessa brutalità genocida. Dall’alto e dal basso, in ogni aspetto della vita, siamo schiacciati dalla macchina violenta del capitale — che sia iraniana, israeliana, americana o europea.
3.

Questa guerra non è tra “stati” — è contro di noi. Decine di milioni di lavoratori ne stanno pagando il prezzo: sfollamento, fame, carestia, mancanza d’acqua, medicine, cure, morte di massa. Le nostre case vengono bombardate, i nostri cari restano insepolti, il futuro dei nostri figli è incerto. A Teheran, Kermanshah, Isfahan e altrove, il peso della guerra è immenso. Queste condizioni gridano che dobbiamo agire — collettivamente, a livello nazionale, con organizzazione consiliare e coscienza di classe. Non è uno slogan. È una questione di sopravvivenza. Dobbiamo unirci nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo — fabbriche, scuole, ospedali, porti, quartieri — per formare consigli. Questi non devono restare isolati o locali; devono crescere fino a diventare un movimento nazionale, capace di mobilitare tutte le risorse per soddisfare bisogni urgenti: cibo, sicurezza, cure mediche, alloggi, istruzione. Questi consigli devono collegarsi, evolversi in una forza unificata anticapitalista, e strappare la produzione, la ricchezza e le infrastrutture dalle mani della classe capitalista e del suo Stato. Proclamiamo al mondo: consideriamo tutte le classi dirigenti — israeliana, islamica, americana, europea — nemiche genocidarie della classe lavoratrice. Chiamiamo i lavoratori di tutto il mondo alla solidarietà e al sostegno.

17 giugno 2025

La guerra tra bestie capitaliste è una guerra contro tutti noi
1.

Due regimi genocidi sono ora in guerra: il governo israeliano e la Repubblica Islamica. Come tutti gli stati capitalisti, entrambi sono assassini di lavoratori, criminali e guerrafondai.
2.

Israele è nato dalla coalizione imperialista uscita dalla Seconda Guerra Mondiale — un avamposto strategico per le potenze capitaliste. Da quasi 80 anni conduce un genocidio continuo contro i lavoratori palestinesi e mediorientali. Le sue azioni hanno il pieno consenso del capitale globale. La Repubblica Islamica, al contrario, è nata dalla sconfitta del movimento rivoluzionario operaio iraniano alla fine degli anni ’70. Fu la soluzione d’emergenza del capitale per schiacciare le insurrezioni dei lavoratori e preservare lo sfruttamento. Sebbene le loro origini differiscano, entrambi i regimi servono gli interessi del capitale attraverso guerra, repressione ed espansione. Il loro attuale scontro è una lotta per l’influenza, non per la giustizia — una contesa tra fazioni capitaliste concorrenti.
3.

Israele, con l’appoggio incondizionato del capitale USA e UE, ha già colpito duramente l’infrastruttura militare iraniana. Ma ciò non significa che il regime islamico crollerà. Combatterà per sopravvivere, usando tutte le risorse disponibili. Le sue recenti sconfitte, seppur gravi, non bastano a costringerlo alla resa. Resisterà finché non sarà minacciata la sua stessa esistenza.
4.

Questa guerra non riguarda le armi nucleari. Il nucleare è un pretesto. Da 45 anni, il conflitto centrale è il rifiuto dell’Iran di sottomettersi all’ordine capitalistico globale guidato dagli USA, e la sua richiesta di una quota maggiore di potere. La guerra mira a risolvere questo scontro — in modo deciso, se non definitivo. Anche se la Repubblica Islamica dovesse cedere, i suoi rivali non hanno una reale alternativa. Gli esuli monarchici, i revivalisti pahlaviani e i resti della setta dei Rajavi non hanno alcuna base popolare. Il regime non cadrà — contratterà per ridurre le perdite.
5.

Anche se questa guerra finisse, seguiranno nuove fasi di sfruttamento e repressione. Finché esisterà il capitalismo, esisteranno guerre, crisi, genocidi e competizioni per il plusvalore, il capitale e il potere. Credere che Netanyahu, gli USA o il regime islamico “libereranno” i 60 milioni di lavoratori iraniani è un’illusione pericolosa. Qualsiasi lavoratore che ci caschi è stato derubato della coscienza. Questa illusione va spezzata con una critica di classe netta e coerente.
6.

Nessuno può prevedere con esattezza le conseguenze economiche della guerra. Ma è probabile un esito fatto di povertà di massa, fame, collasso produttivo, repressione e morte — solo per costringere l’Iran a negoziare. Le classi dirigenti americana e israeliana non esiteranno a trasformare l’Iran in una nuova Libia, se servirà ai loro scopi. Ma l’Iran non è la Libia di Gheddafi né l’Iraq di Saddam. Il regime islamico combatterà per evitare il collasso totale.
7.

La guerra probabilmente si intensificherà. Carestia, mancanza di medicine, disoccupazione di massa peggioreranno. Tutte le parti scaricheranno i costi sui lavoratori. Dobbiamo ribaltare la situazione. Dobbiamo spostare la crisi sul capitale stesso. Non è impossibile. La nostra classe ha la capacità di farlo. Il capitalismo marchia ogni sogno di liberazione come “impossibile” — fa parte del suo potere ideologico, della disumanizzazione del lavoro e della mistificazione della merce. Dobbiamo spezzare queste illusioni. Fare pagare il costo della guerra al capitale. Intensificare la lotta di classe anticapitalista — con chiarezza, strategia e determinazione.
8.

Questa non è la nostra guerra. È la loro. Noi siamo in guerra con entrambi i regimi, con entrambi i blocchi, con l’intero sistema capitalistico globale. Qualsiasi allineamento con una delle due parti è un tradimento. L’attività contro la guerra ha senso solo se avanza un’agenda rivoluzionaria e anticapitalista. Manifestare contro la guerra deve essere collegato alla lotta di classe — non come protesta vuota, ma come sfida ai due poli del potere imperialista. Altrimenti, diventa un appello alla resa del regime islamico a rivali ancora più genocidi. Dobbiamo rifiutare questa narrazione. La nostra lotta è contro tutti gli stati e tutti i capitali.
9.

Un punto cruciale: la lotta contro la guerra deve essere anticapitalista. Senza questo, siamo ridotti a soldati per uno dei due campi assassini. Ad esempio, opporsi alla politica di guerra della Repubblica Islamica è necessario — ma solo se accompagnato dall’opposizione allo stato genocida israeliano e all’imperialismo occidentale. Lo stesso vale per le armi nucleari. Dobbiamo rifiutare ogni finanziamento alla guerra frutto del nostro lavoro, ma non in modo da servire le fazioni capitaliste rivali. La nostra critica deve colpire equamente tutti i guerrafondai, tutti gli stati, tutte le ali della borghesia globale.
10.

Ovunque siamo — fabbriche, scuole, ospedali, porti, quartieri — dobbiamo unirci. Costruiamo consigli operai. Colleghiamoli, non come sogni, ma come strumenti materiali di resistenza. Perché chiamarlo utopico? Perché il regime reprime brutalmente chi ci prova? Non lo fa forse con ogni sciopero? Non ha forse cercato di schiacciare ogni protesta — soprattutto quelle guidate da donne, giovani e disoccupati? Eppure, abbiamo lottato. Perché esitare ora? Questa esitazione non è nostra — è inculcata in noi dall’ideologia capitalista. Dobbiamo ribellarci.
11.

Facciamo dei consigli la nostra arma. In tempi normali, scioperi e blocchi sono potenti. Ma in tempo di guerra, gli scioperi possono essere cooptati da una parte. Dobbiamo andare oltre: prendere i mezzi di produzione. Non solo fermare il lavoro, ma prenderne il controllo. Questo terrorizza il regime islamico e il capitale occidentale più di ogni altra cosa. Sì, saremo repressi. Ma dobbiamo cominciare. Organizzarci. Collegarci. Costruire. Unire i nostri consigli in un movimento capace di prendere in mano il lavoro, la vita, la produzione.
12.

E i nostri bisogni immediati — medicine, rifugi, energia, cibo? Non si possono ottenere all’interno del commercio capitalistico. Il nostro slogan dev’essere: Occupare. Prepararsi. Espandere. Più siamo pronti a prendere e organizzare collettivamente la vita, più potremo imporre richieste e garantirci la sopravvivenza.
13.

Dobbiamo agire come classe. Abbiamo passato generazioni evitando questa strada, ingannati da false speranze: sindacalismo, democrazia, ONG, rivoluzioni arcobaleno, anti-imperialismo, federalismo. Ci hanno portato allo sfinimento, al tradimento, alla rovina. Un giorno dovremo iniziare. Quel giorno è atteso da troppo. Che sia oggi.

15 giugno 2025
Lavoratori Anticapitalisti (Iran)

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